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Nello stato democratico gli appetiti prendono possesso dell’acropoli dell’anima del giovane, poi questa viene occupata da parole e opinioni false e arroganti, le quali chiamando il pudore stoltezza, lo bandiscono con disonore; chiamando la temperanza viltà, la buttano fuori coprendola di fango e mandano oltre confine la misura e le ordinate spese persuadendo che sono rustichezza e illiberalità.

E non basta. I discorsi arroganti con l’aiuto di molti inutili appetiti transvalutano pure, ma in positivo, i vizi, immettendoli nell’anima  e chiamano la prepotenza buona educazione, l’anarchia libertà, la dissolutezza magnificenza e l’impudenza coraggio.

L’uomo così corrotto vive a casaccio, e la sua vita non è regolata da ordine né da alcuna necessità. Si capovolgono pure i rapporti umani: il padre teme il figlio, il maestro lo scolaro, i vecchi imitano i giovani, per non sembrare inameni e autoritari.

(Platone, “La Repubblica”, 390-360 a.C.)