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E subito, in quest’epoca buia, irruppe ogni empietà; si persero lealtà, sincerità e pudore, e al posto loro prevalsero frodi e inganni, insidie, violenza e smania infame di possedere. Senza conoscerli bene, il marinaio diede le vele ai venti, e le carene, che un tempo stavano in cima ai monti, si misero a battere flutti sconosciuti. Sulla terra, comune a tutti prima, come la luce del sole o l’aria, il contadino tracciò con cura lunghi confini. E non si pretese solo che questa, nella sua ricchezza, desse messi e alimenti, ma si penetrò nelle sue viscere a scavare i tesori che nasconde vicino alle ombre dello Stige e che sono stimolo ai delitti. Così fu estratto il ferro nocivo e più nocivo ancora l’oro: e comparve la guerra, che si combatte con entrambi e scaglia armi di schianto con mani insanguinate.

Si vive di rapina: l’ospite è alla merce’ di chi l’ospita, il suocero del genero, e concordia tra fratelli è rara. Trama l’uomo la morte della moglie e lei quella del coniuge; terribili matrigne mestano veleni lividi; il figlio scruta anzitempo gli anni del padre. Vinta giace la pietà, e la vergine Astrea, ultima degli dei, lascia la terra madida di sangue.

(Ovidio, “Metamorfosi”, 8 d.C.)